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venerdì 16 luglio 2010

OSS: proviamo a fare luce

Presentata un'interrogazione sulla situazione di incertezza degli Operatori Socio Sanitari in Italia:
(4-07996)
PALAGIANO- Al Ministro della salute - Per sapere - premesso che:
l'evoluzione tecnologica e scientifica che ha interessato il mondo della sanità italiana ha coinvolto non solo gli infermieri, ma tutti gli operatori che lavorano nel settore sanitario, con il conseguente riordino del sistema nel suo complesso. L'evidente carenza di infermieri ha determinato il ricorso a figure di supporto alle quali delegare gran parte del lavoro di cura «non prettamente infermieristico»;
in questo contesto si inserisce l'operatore socio-sanitario, sinteticamente denominato OSS, che è una figura professionale codificata dall'accordo Stato-regioni del 22 febbraio 2001;
l'OSS sostituisce le precedenti figure professionali che si occupavano di assistenza, sia nell'area sanitaria (OTA) che nell'area sociale (ASA, OSA, ADEST e altre), con una figura più completa, integrando funzioni, compiti e competenze delle due aree, in un unico iter formativo;
il compito è quello di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i propri bisogni fondamentali, finalizzate al recupero, al mantenimento e allo sviluppo del livello di benessere, promuovendone l'autonomia e l'autodeterminazione;
gli operatori socio-sanitari lavorano sia all'interno di strutture sanitarie (come ospedali, cliniche, asl), che nell'ambito di strutture sociali (centri diurni integrati, case di riposo, assistenza domiciliare, comunità di recupero, case famiglia, comunità alloggio, servizi di integrazione scolastica e altre) e si trovano quindi a lavorare in supporto e collaborazione con professionisti dell'area sociale (assistenti sociali, educatori) e dell'area sanitaria (medici, infermieri, fisioterapisti), a seconda del campo in cui sono chiamati ad intervenire;
il titolo di operatore socio-sanitario viene conseguito in seguito alla frequentazione di un corso di qualifica teorico-pratico, le cui peculiarità e modalità variano da regione a regione. La Conferenza Stato-regioni indica come necessario ed imprescindibile il solo requisito della scuola dell'obbligo;
la formazione degli OSS è attualmente in una fase di disorientamento generale, si parla di una professione nascente, ma in realtà è evidentemente una professione trascurata, senza omogeneità, spinta ad adattarsi alle richieste dell'emergenza infermieristica che ha caratterizzato il Paese negli ultimi anni;
purtroppo, in Italia, per gli OSS si è diffusa una formazione disomogenea, il più delle volte incompleta e non aggiornata allo stato attuale della realtà sanitaria e sociale del nostro Paese. Percorsi di formazione - organizzati a livello regionale, ma anche da organizzazioni private - di 1000-1200 ore al massimo, che hanno spesso il solo obiettivo di fornire agli iscritti il maggior numero di concetti nel minor tempo possibile, magari senza essere arricchiti da uno stage o da un tirocinio pratico, che invece sono fondamentali;
in alcuni casi sono previsti addirittura di corsi di formazione a distanza;
c'è da sottolineare inoltre che i corsi organizzati da strutture private, a fronte di una spesa onerosa, non sono spesso spendibili al di fuori di queste stesse strutture, risultando, quindi, inutili nell'ambito pubblico;
sarebbe invece opportuno ed importante inserire gli operatori socio-sanitari all'interno di strutture ospedaliere garantendo un'adeguata formazione professionale, in assenza della quale, si potrebbero determinare, ad avviso dell'interrogante, spiacevoli episodi di malasanità - in quanto molto spesso gli operatori sociosanitari sostituiscono gli infermieri professionali in quasi tutte le fasi del loro lavoro;
in Norvegia, ad esempio, la formazione degli OSS viene affidata ai licei ad indirizzo socio-sanitario, con un percorso di studio che ha una durata triennale, al termine del quale l'operatore può proseguire gli studi con un altro anno in uno dei settori che più lo interessano;
in Italia i processi organizzativi e di lavoro all'interno delle strutture sanitarie non hanno subito adeguamenti a fronte dell'introduzione della figura dell'OSS; è stata in alcuni casi semplicemente ricalibrata la divisione del lavoro interno, in relazione alle competenze sanitarie che l'OSS possiede e di cui la vecchia figura non disponeva;
tutte le professioni che operano nell'ambito dell'assistenza dovrebbero essere regolamentate, definite e soprattutto riconosciute giuridicamente -:
se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, dare avvio alla predisposizione di un censimento nazionale degli operatori socio-sanitari, per fotografare lo stato attuale di questa professione nel nostro Paese, in quanto, la mancanza di una specifica normativa sulla formazione ha determinato un numero imprecisato di OSS sul territorio nazionale;
se non ritenga importante, in seguito alla predisposizione di tale elenco, avviare un progetto per monitorare e qualificare maggiormente i percorsi di formazione professionale degli operatori socio-sanitari, al fine di rendere omogenea, di concerto con le regioni, a livello nazionale, la formazione di queste importanti figure, fornendo agli operatori tutte le competenze tecniche e relazionali richieste sulla base dei processi di sviluppo e di cambiamento in atto nel settore dell'assistenza sanitaria, anche a livello europeo.

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